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giovedì 2 giugno 2011

passa to #3

a differenza di quasi tutti noi a scuola non eravamo omologati. non ci vestivamo come gli altri, non parlavamo come gli altri, non avevamo pensieri politici uguali agli altri. ci vestivamo in due secondi, a volte con i vestiti del giorno prima. non ci truccavamo per andare a scuola, a volte se lo facevamo anche il trucco era quello del giorno prima. quando conoscevamo persone nuove, fuori dal nostro gruppo li guardavamo sempre un pò torvi, avevamo paura di essere attaccate perchè bhe, noi non eravamo di qualche fazione politica. quando andavamo a scuola c'era ancora gente che si illudeva del comunismo o del fascismo, pensando esistesse ancora e di conseguenza c'era chi diceva io sono comunista e chi diceva a me i comunisti mi fanno schifo perchè mangiano i bambini. noi ridevamo di entrabe le fazioni, perchè cercavano di far entrare due dittature morte da un pezzo in europa all'interno di una scuola pubblica, in cui bene o male gli studenti possono fare poco se non protestare, e la protesta si psera non ha un colore politico. quando c'era da protestare protestavamo ma quando c'era da parlare col megafono eravamo quelli che fanno solo buhhhhhhh. quando la gente voleva occupare noi dicevamo siii, bhe perchè l'assenza di carta igenica o la più utile protesta contro la guerra in iraq erano validi motivi, ma che senso aveva dire, noi comunisti occupiamo la scuola contro la guarra in iraq?in quel periodo impazzava la furia silvio muccino ed il 90% degli studenti occupavano perchè all'occupazione, come diceva silvio, si può scopare. ahimè. noi avevamo visto fragole e sangue e muccino ci faceva schifo.
unica toppa d'omologazione in cui eravamo incappati erano le droghe.

passa to #2

la nostra classe era piena di persona brillanti, di giovani menti pronte a tutto per un 10, di ragazzi che non giravano mai lo sguardo e pendevano dalle labbra dei prof. noi avevamo il blocco per gli appunti davanti e una di quelle penne trovate per terra per scrivere. riempivamo pagine di frasi o di disegni, ascoltavamo solo quello che ci interessava e studiavamo solo quei personaggi finiti male o che avevano mandato tutto a puttane. per la classe eravamo artisti simpatici ai quali chiedere consiglio sulle ragazze o per farsi fare disegnini sui diari. noi ci divertivamo ed eravamo convinti di esserci persi dei passaggi dell'infanzia. chissa dove. per le prof eravamo deliziosamente nullafacenti (definizione realmente usata), di quelli che se si applicano bla bla bla. quando le nostre madri andavano a parlare con loro si mortificavano, perchè il problema era che non eravamo dei ciucci ignoranti, il problema è che , a loro dire,  non ce ne fregava proprio un cazzo. da 10 ipoteticamente da 0 praticamente (altro paragone usato). non eravamo completamente esclusi dalla classe, anzi ci volevano anche bene, è solo che non ci trovavamo tanto bene con loro. non ci piacevano gli smalti, la partite di calcio, il ragazzo del 3c o i campiscuola. d'altra parte non eravamo di quelle personalità strambe che adorano satana o che si tagliano le braccia per avere cicatrici sul corpo. eravamo semplicemente inquieti. in cortile quando tutti si riunivano con gli altri amici delle altre classi, noi ci mettevamo dietro al muretto per fumare e non farci vedere dai prof. ed è proprio in quel luogo che abbiamo smesso di sentirci inquieti e abbiamo capito di non essere soli. i pimi mesi di scuola ci sono serviti per capire a che genere si persona non eravamo simili. con questo non vogliamo denigrare i compagni di classe, che in fondo,manco tanto in fondo, ammiriamo. ma poi, grazie alle sigarete appizzate abbiamo trovato gente con cui parlare di qualcosa che andasse oltre. questa parte è difficile da spiegare. posso provare: vi ricordate il brutto anatroccolo? lui è brutto e si sente escluso da tutti proprio per la sua bruttezza finchè crescendo non si guarda nello specchio del lago ed è cresciuto e diventato un bellissimo cigno. forse andersen ha usato solo una grande enorme metafora per farci capire quanto in realtà è la percezione che cambia le cose, o forse no. forse i brutti anatroccoli non diventano cigni, sono solo brutti anatroccoli e il protagonista della fiaba in questione è solo stato fortunato. noi ci sentivamo brutti anatroccoli ed abbiamo incontrato altri brutti anatroccoli, non siamo mai diventati cigni. ma sicuramente non eravamo più soli e tristi.

passa to #1

penso spesso al mio futuro, in generale a quello che farò o cosa dovrò sacrificare per farlo. l'unica risposta sensata che mi viene è esattamente questa: rinunciare alla vita sociale, bha perchè parliamoci chiaro, non sono una di quelle che riescono a fare tutto in una giornata.
nei prossimi capitoli parlerò di me al plurale, perchè so di non essere l'unica che pensa queste cosa, o se proprio devo esserlo, bhe meglio esselo fingenedo di non esserlo, non so se mi spiego...
"ciao" disse il ragazzo al primo banco, il primo giorno di scuola al liceo, marira temperata, bic rossa e nera allineate parallelamente al quaderno su cui già giaceva la data e il luogo in calligrafia perfetta "io mi chiamo marco e da grande voglio fare l'ingeniere". Ah- ah pensammo noi, tutto qui il tuo sogno? insensato, povero sfigato.  e di banco in banco eccoli lì i futiri presidenti, astronauti, banchieri, medici avvocati, finchè in fondo all'aula c'eravamo noi. "tu" disse la professore con gli occhi pieni di speranza "tu cosa vorrai fare in futuro?" ci abbiamo dovuto pensare, un interminabile minuto di silenzio nel quale non trovavamo risposta, allora abbiamo deciso di dire le verità, la classe si è girata affascinata aspettando il nostro responso e mentre i residui di gomma inutilmente usata sul banco ci asciugavano la mano sudata abbiamo risposto "bha, ancora non lo sappiamo". le reazione? la professoressa ha storto la bocca sfoggiando un falso sorriso che sembrava aver detto "ancora no?" e i compagni hanno pensato non troppo velatamente che eravamo dei ragazzi in prefallimento. ma non è adesso, 10 anni dopo, che siamo diventati l'ulima routa del carro, era allora, quando marco del cazzo, ingeniere "io so tutto" mocciolo dal naso e brufolo scoppiettante ci ha guardata e sbuffando beffardamente si è rigirato ritemperando la sua matita già appuntita che abbiamo fallito. noi d'altronde ce ne stavamo lì a sognare atolli sui quali scrivere dipingere leggere o anche solo pensare, mentre lui, che probabilmente oggi fa l'ingeniere, gi ha giudicati. noi gli davamo contro, gli lanciavamo i pezzi di carta masticati sul collo e lui oggi ci ride deitro ricambiandoci il favore gratis. siamo il frutto di marco, quelli per cui marco ha potuto prevalere sugli altri. siamo quello che lui non vorrà mai essere, ibridi del cazzo che sperano di fare soldi essendo artisti. fuck you love!