La gente pensa comunemente che convivere con la parte
peggiore di se sia un’esperienza atroce, un momento di assoluto oblio, una cosa
da scansare. C’è anche da dire che la gente generalmente è noiosa. Per gente
noiosa intendo quella gente che smette di bere “perché questo cocktail mi dà
alla testa e rischierei di essere ubriaca” quella massa informe che va al
cinema la domenica o peggio a messa, e non per religione o passione ma per “socialità”.
Ho già speso parole senza senso su
questo argomento, questo perché essere sicuri di una parte di se, o di
varie parti di se, e per essere sicuri intendo essere certi di avere varie
personalità, è un procedimento difficile.
Ho fatto gli esempi del diavolo sulla spalla destra e l’angelo sulla
spalla sinistra, ma è errato. Perché si parte da presupposto che quelle voci,
che dovrebbero essere interiori, in realtà albergano in te solo in determinate
circostanze, parlando solo quando gli và e facendosi vedere durante il giorno
libero. Non è così. Avere una parte marcia, avere una bestia in corpo è una
cosa che autoalimenti , giorno dopo giorno, crescendola. Ed è sempre lì,
costantemente, solo che a volte è attenta ad altro. La cosa che più mi spaventa
è arrivare alla consapevolezza che questa parte malvagia, questo Tebaldo non è
una parte che odio di me. Anzi io la amo. A tutti sarà capitato di essere quel
Capuleti di merda, quello stronzo, quello che tornando a casa, magari alle 10
del mattino dopo una grande serata, cerca rogna. Il problema fondamentale è che
ci siamo convinti per troppo tempo di essere Bentivoglio, di essere quello
bravo, quello che apre la portiera alle donne e che gli offre da bere, il bravo
ragazzo che durante la visione di un film è impacciato mentre cerca di
abbracciare la donna, facendo finta di sbadigliare, di stirarsi, di allungarsi
a prendere il telecomando. Siamo stati troppo tempo quel Montecchi che inciampa
per strada davanti a tutti, quello che si innamora della persona sbagliata, o
peggio ancora, di quella giusta e che rimane incastrato. Siamo stati a lungo
quelli che si trattenevano dal ridere sguaiatamente , quelli che “di notte si
dorme”, quelli dalla mente sempre lucida e che annoverano ogni azione come
buona azione. Adesso che siamo Tebaldi ci straniamo, ci sentiamo personalità
che non vogliamo essere, ed è esattamente qui la vera rivoluzione. Svegliarsi un
giorno e dirsi che ci si sente più Tebaldo che Bentivoglio è la vera ambizione
di tutti. Tebaldo muore giovane, si fa mettere in mezzo in situazione che
realmente non gli interessano, ragione di impulso, di orgoglio, di stomaco.
Tebaldo dorme per strada, ogni giorno cerca una donna diversa e non perché sia
uno stronzo senza sentimenti ma perché, a differenza di Bentivoglio, è
consapevole di non riuscire a dare quello che la gente si merita, e quindi non
vende niente, non si da da fare. Si sveglia al mattino, o al pomeriggio, con l’assoluta
certezza di non sapere dove dormirà. Si sporca la maglietta dormendo sui gradoni
di una chiesa, cerca sostegno dagli sconosciuti, perché sa che gli amici gli
darebbero due pizze. Tebaldo canta quando gli va e manda messaggi a chi vuole, perché
gli va e il giorno dopo ride di se stesso con un’autoironia che tutti i bentovoglio
del mondo, che si prendono troppo sul serio, non avranno mai. Lui scherza di
se, si mette in gioco facendo quelle cose che sa di non dover fare. Va in giro
con una mazza chiodata, perché chi gli rompe i coglioni merita di avere i
coglioni rotti. Domani forse mi sveglierò e rimpiangerò il Montecchi che c’era
dentro di me. Domani forse invece sarò ancora Tebaldo. Essere bipolari vuol
dire non sapere ancora chi vince, e al contempo, non volere una vittoria schiacciante
di nessuna delle due parti. Nessun Bentivoglio godrebbe di una pausa da se
stesso senza un Tebaldo. La sua Nemesi, il suo Pinguino, Il suo Lux Luthor, la
sua criptonite. Oggi decido di essere teschio rosso e di voler distruggere quel
capitan america di merda, moralista, ingenuo, sognatore. Oggi difenderò
Giulietta da uno stronzo di nome Romeo che la porterà alla morte. E non
fatemene una colpa se ho deciso di spegnere l’interruttore , non fatemene una
colpa se non sarò più la stessa che conoscete, non ridete di me se mi troverete
a morire sotto ad un ponte, nè se vi arriva un messagino di notte. Domani mi
passa, domani sarò io a ridere di me. E per quanto crediate sia stronza e fuori
luogo, non preoccupatevi, tebaldo possiede un’autocritica sviluppata, è il
miglior compagno di se, è solo che a lui le critiche non interessano, a lui
basta un attimo a sentirsi vivo e muore giovane, è vero, ma quando ha vissuto
lo ha fatto ridendosi addosso, succhiando la vita dalle vene e mandando a
cacare tutti quei Bentivoglio stampati, quella gente comunemente noiosa.
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sabato 23 giugno 2012
martedì 12 giugno 2012
c'è poco da dire su di me, è esattamente quello che sembra...
Mi sono ritrovata questa sera al tavolo con un abruzzese che
mi ha guardato in faccia e mi ha chiesto “ ma quanto bevi?” e francamente mi
sono sentita un po’ a disagio. La mia prima sbronza risale al 1997 quando
vomitai ettolitri di vino rosso, che fra l’altro ancora non posso più bere,
aggrappata a delle rocche irraggiungibili a 800 metri di altezza marittima. Avevo
11 anni ed ero convinta che la mia vita avrebbe preso un’altra piega. Ero in Abruzzo.
Gran parte della mia vita l’ho passata senza mai chiedermi due volte la stessa
cosa, ma al contempo non sono mai stata viziata, non mi sono mai mantenuta sui
soldi degli alimenti né tantomeno sulla fama della mia famiglia. Ho voluto per
tempo fare la scrittrice, poi fotografa poi astrofisica, poi di nuovo scrittrice
e poi di nuovo fotografa. Ad oggi non ho niente da rimproverarmi quindi se uno
sconosciuto, sebbene della mia stessa patria, mi dice che bevo troppo gli
rispondo “ sei tu che non sei
abbastanza abruzzese”. Non sono un’accattona,
sono sempre stata dell’idea che i miei vizi li pago, e vi assicuro che li pago
per bene. Sono stata scansata perché troppo schietta, deviata perché fumo
troppo , della serie “il fumo uccide” ed infine denigrata perché beona., come
se non bastasse l’essere lasciata perché evidentemente non sono una che dà
abbastanza. Nel 97 avrei dovuto saperlo che non tutto diventa quello che vuoi. Evidentemente
ancora non l’ho capito. Continuo a guardarmi intorno sperando di vedere la
luce, continuo ad essere contenta della mia vita. Continuo a pensare che
ragionare d’istinto non sia sbagliato. Mi piace essere istintiva, mi piace dire
che “ ho fatto quella determinata cosa perché lì x lì mi andava di farla” e
spero che in tutta la mia futura vita non dovrò mai giustificarmi per questo. Non
ho fatto altro che bere fumare e drogarmi e scrivere, a volte fotografare. Ho evidenziato
ogni aspetto della mia vita con una perseveranza quasi inutile, l’ho esaltato,
ma non perché credo fermamente di aver fatto bene, ma perché, nel bene o nel
male, qualunque cosa accada, quel che sono è quello che amerai, nel caso in cui
mi troverai interessante. Non mi vergogno dei passi che facevo sotto una cassa
troppo alta, un giorno diventerò sorda? Io mi sono divertita. Non mi pento di
aver picchiato gente per difendere un cane, non mi pento di essermi messa un
dito in gola dopo la comunione, non trovo assurdo bere dopo essere stata
abbandonata, né tantomento trovo inconcepibile far uso di droghe in
adolescenza, né di fumare senza riserve. Non trovo, in generale, sbagliato,
vivere come se non ci fosse un domani. Nella mia mente malata, da disoccupata
disillusa, trovo molto di più la mia vita veramente vissuta al confronto di chi
si è chiesto cosa era giusto o sbagliato,di chi pensava a cosa andava fatto
piuttosto che no, di chi ci ha pensato due volte, di chi ha studiato tutta la
vita, di chi ha letto Shakespeare
sottolineandolo, di chi ha letto il Faust solo perché gli amici del liceo
(probabilmente del Mamiani) gli dicevano di farlo. Trovo il pensare superfluo. Quindi
si, ad oggi sono così e come ho già detto varie volte è molto bello avere solo
quello, l’oggi. Domani ci penserò, domani morirò come fanno tutti, ma morirò
sapendo di aver amato senza riserve, morirò sapendo di aver fatto quello che mi
passa per la testa, in ogni secondo, in ogni istante, pur essendo imperfetta. Io
sono una beona, sono quella che spegne una sigaretta e se ne accende un’altra,
sono quella che ancora sogna di diventare una sognatrice, sono quella che spera
nell’abbandono della disillusione, sono quella che oggi ha vissuto, parlato e
scritto. Oggi non mi lamento, aspetto domani per farlo.
domenica 10 giugno 2012
cOME dIRTY dANCING CI HA CAMBIATO LA VITA
Ho già fatto innumerevoli volte i miei sproloqui sulla morte
del romanticismo. È stato tutto inutile perché, da brava giovane disillusa ma
al contempo speranzosa, non ci credo neanche io. Ho cercato nella mia testa
allagata il motivo per cui siamo diventate romantiche, chi ci ha messo questa
spada di Damocle sulla nuca, chi ha fatto cadere la lama della ghigliottina, chi
ci ha inizialmente fatto assaggiare questo cianuro che poi è diventato droga. Inizialmente
ero convinta che fosse stata la Nonna raccontandoci di come gli amori
superassero le guerre negli anni 40, poi ho pensato che era tutta colpa di Walt
Disney malefico con i loro principi azzurri che ti soccorrono nel momento del
pericolo, poi ho pensato che erano le commedie americane dove l’uomo che dice
di non amarti più ti insegue di notte, casualmente con davanti un bellissimo
panorama, sotto l’immancabile pioggia, tutto bagnato e ti chiede di sposarlo. Poi
dentro di me a un certo punto è subentrato il cinismo ma quello brutto brutto:
i miei nonni alla fine non vanno poi così d’accordo, i principi azzurri sono
noiosi quanto le principesse ( a degna eccezione di Aladin che di fatto era un
poveraccio, uomo vissuto, perfetto anche a cantare e del compagno di Rapunzel
che era uno scapestrato) e che soprattutto è altamente improbabile che se uno
mi chiede di sposarlo senza neanche riuscire a ripararmi dalla pioggia, perché non
aveva portato l’ombrello, dopo avermi fatto soffrire io possa dire di si. Poi la
bomba qualche sera fa. Fulmine a ciel sereno.
Hiroshima. Disastro. Come avevo fatto a dimenticarmi di annoverare Dirty
Dancing nella lista? Povera imbecille, è ovvio che nasce tutto da lì. Correva l’anno
1987 quando ancora non avevo i denti e mugugliavo gna gna gna gnaaaa
sbrodolandomi con indosso un bavaglino con su scritto “il mio nome è Giovanna”,
l’epoca degli omogeneizzati, epoca in cui una pupa pur sembrando scema assorbe
ogni informazione. In quell’anno uscì quel film. Lei ricca, un po’ ingenua
(basti pensare che faceva incartare degli avanzi per spedirli ai poveri bimbi
africani pensando che sarebbero arrivati sani e gustosi dall’America all’Africa
negli anni 60), lei che era un po’ impacciata, un po’ inappropriata un po’ “ho
portato un cocomero”, con i capelli gonfi e crespi, con la nasca ed un corpo
senza forme. Una di noi insomma, almeno inizialmente.Lui Patrick Swayze, e già
questo vi potrebbe far capire tutto. Ballerino, istruttore di ballo
irraggiungibile, più Pelvico di Elvis (che anche lui l’invidioso dio ha portato
via troppo presto), che vestiva attillato, che sapeva prenderti e farti muovere
che, e qui scusate la franchezza ormonale, ti garberebbe anche con l’epatite. Ora,
la razionalità ci spinge a credere che Johnny non si sarebbe mai inculato Babe
neanche in esilio in un villaggio di Amish. Bugia, invece avviene la
rivoluzione: non solo lei impara a ballare in due giorni in un modo poco
plausibile, non solo lui è scontroso arrizzoso nei suoi confronti , non solo se
ne va dicendogli “non siamo fatti per stare insieme” ma poi COME SE NON
BASTASSE torna pronunciando la famosa frase “nessuno può mettere babe in un
angolo”. È vero anche che lei gli imbocca in camera con in sottofondo “cry to
me” e lo denuda toccandogli il culo e dicendogli “dance with me”, facendo
uscire una Babe non tanto Babe che obbiettivamente nessuno se lo aspettava, ma
è anche vero che lui poteva avere Penny tranquillamente ma erano solo “amici”…
(se nella vita normale il vostro uomo ha un’amica come Penny e voi siete Babe
ve ce vojo vedè)
Fatto stà che quel film non solo ci ha fatto piangere e desiderare, forse per la prima volta, un uomo fantascientifico ma cosa più importante ci ha fatto sognare, mannaggia a lui. Dopo 25 anni dall’uscita di quel film noi sotto sotto, cerchiamo ancora il nostro Johnny e la speranza ancora non ci abbandona, ma dobbiamo sempre cercare di essere realiste perché noi non balleremo mai così, né tantomeno avremo mai il coraggio di andare da lui e baciargli la schiena nuda.
Fatto stà che quel film non solo ci ha fatto piangere e desiderare, forse per la prima volta, un uomo fantascientifico ma cosa più importante ci ha fatto sognare, mannaggia a lui. Dopo 25 anni dall’uscita di quel film noi sotto sotto, cerchiamo ancora il nostro Johnny e la speranza ancora non ci abbandona, ma dobbiamo sempre cercare di essere realiste perché noi non balleremo mai così, né tantomeno avremo mai il coraggio di andare da lui e baciargli la schiena nuda.
P.S. Anche se Wikipedia, che ho appena controllato, non mi
da ragione sulle date, ricordo che la morte di Patrick Swayze avvenne pochi
giorni dopo Micheal Jackson. Posso dire che è stato scorretto da parte di tutti
i giornalisti del mondo dare un trafiletto a lui e 7 pagine al re del pop? Eh no
cazzo, eh no. Le donne buone hanno sicuramente di più amato Johnny di uno che
ha cambiato il suo colore di pelle. Cazzo.
sabato 9 giugno 2012
Elena o Penelope? IN ALTERNATIVA bRISEIDE
È passato molto tempo da quando il grande e vecchio Omero è
passato a miglior vita, ma non per questo ce lo siamo scordato, anzi, si può
dire che dopo averlo letto, o ascoltato, ci siamo sempre di più avvicinati al
politeismo tanto eravamo affezionati ai suoi Dei. Molte filosofie, più o meno
spicce, hanno seguito i suoi miti, ma io , che non sono ne filosofa ne
tantomeno una grande pensatrice mi sono ritrovata in macchina mentre Ram Power
mandava i Scissior Sister a pensare a Elena e Penelope. Il collegamento fra il
falsetto e Omero è inspiegabile e si, anche io mi sono preoccupata. Comunque nel
primo libro, L’Iliade, tutto gira intorno ad una donna: Elena di Troia. Credo,
anzi spero perché dimostrerebbe che la lingua italiana è assolutamente la
lingua migliore del mondo, che se una donna viene chiamata “troia” sia proprio
colpa sua. I grandi canta storie del passato e chi ha trascritto Omero ci hanno
fatto credere che le sue storie erano storie di grandi eroi, di grandi
battaglie, di grandi astuzie, di grandi viaggi. Aggiungerei di grandi donne. Nel
secondo libro ,L’Odissea, il protagonista non fa altro che sperare di tornare a
casa, dalla moglie e lei a sua svolta non fa altro che sperare nel suo ritorno:
Penelope. Ogni donna su questo pianete che ha letto questi due libri ha
profondamente capito queste due donne, diametralmente opposte ma con in comune
un grande coraggio. Prendiamo in considerazione la prima: Elena. Paride va con
Ettore (fratelli principi di Troia) da Menelao e Agamennone (fratelli
rispettivamente re di Sparta e ambizioso non definito re) per fare la pace ma
Paride fratello minore di Ettore si innamora di Elena, moglie di Menelao. E viceversa
(così pare). Ora, immaginatevi Menelao, spartano rude, vecchio e beone che ogni
tanto faceva vedere il didietro ad altri spartani, panzone, volgare un po’ cretino
(no, non è come uno dei protagonisti di 300 altrimenti Elena sarebbe stata una
cretina). Ora immaginate Paride, gentile, cortese, con i fiori in mano che
scriveva poesie e che non gli interessava nulla della guerra. Ad oggi Paride
sarebbe stato un gay, io l’ho sempre trovato uno stronzetto un po’ snob “della
grande città” che per uccidere Achille gli lancia una freccia. Codardo. Comunque
sia Elena che invece pare fosse una supergnocca decide di buttarsi sul meno
peggio e di scappare con Paride verso Troia, col pensiero “sempre meglio di
quell’altro” ragionamento che lì per lì non fa una piega. La stessa Elena non
si aspettava di provocare una guerra ma non aveva considerato Agamennone,
fratello di Menelao, borioso ed espansionista che convince tutti i greci a
partire per recuperare Elena e l’orgoglio del fratello. Questa guerra dura 10
anni. Ora la vera grande domanda è : perché Elena non è scesa sul campo di
battaglia e ha detto “ok ok, torno con te non fa tutta stà scena” ? le opzioni
sono due; o per paura o per amore. In alternativa c’è anche per troiaggine, nel
senso che però si era affezionata a Trojerland. Ho detto in partenza che anche
lei era coraggiosa. Ebbene si, sfatiamo questo mito della sua codardia, perché è
vero che ha fatto ammazzare quasi tutti i greci, è vero che non je ne fregava
niente di fa finì una guerra, ma toccà capire il motivo. Menelao la amava? No.
Paride? Si, grande amore. La rincontriamo di fatto nel secondo libro quando
Telemaco, figlio di Penelope e Ulisse, il vero grande vincitore della guerra di
troia, va a Sparta a chiedere notizie del padre. EBBENE SI è DOVUTA TORNARE CON
MENELAO. Ma certo. Lei amava Paride e se la mia teoria di Paride vigliacco
codardo frecciaiolo di merda è vera allora se l’ho pensata io l’avrà pensata
anche lei. Infatti le troviamo 15 anni dopo la nascita della sua storia d’amore
con Paride, seduta in panciolle a Sparta con Menelao sempre più vecchio beone e
panzone, evidentemente triste e senza speranza. Eccola là la disillusione,
eccolà la la malinconia, quindi si Elena era pure una Troia ma ne ha riccamente
pagato le conseguenze, quindi basta con tutte queste cattiverie.
E poi c’è lei, Penelope, che come ben sapete non ha fatto altro che aspettare il suo uomo per 20 anni piangendo tristemente nella sua camera tessendo. Mentre ulisse non c’era, fra l’altro brutto porcaccione se ne scopa tre (anche se Nausicaa non è ben chiaro se la penetra o no), lei è triste è sola con tutti proci che le invadono casa sperando di diventare nuovi re di Itaca e di affiancarsi alla bella penelope. Povera. Di lei da dire c’è ben poco, va solo esaltata la sua pazienza. Ma c’è questa particolarità in Omero, neanche tanto velata, scritta apposta per le donne. In poche parole quel saggio biricconcello che non era altro ci dice che se , come Elena, vai incontro all’amore e lo persegui a testa bassa senza farti fermare neanche da una guerra, patirai le pene dell’inferno (perché non pensate neanche per un secondo che suo marito gliel’abbia fatta passare liscia); se invece, come Penelope stai lì ad aspettarlo zitta e muta allora sarai felice. Un po’ come il “chi va piano va sano…” bla bla bla. Ora non c’è neanche da spiegarlo che il 99.9% delle donne moderne sono più Elena che Penelope, ma non solo per la questione “troie” ma perché siamo insofferenti e se una cosa non ci va bene, scappiamo invece di aspettare. Quindi forse è il caso di iniziare a tessere la tela e a disfarla quando un procio ci si avvicina. Avrei potuto esprimere sicuramente meglio questa mia teoria, infatti visto che forse mi piace più raccontare le parole altrui piuttosto che inventarne delle mie finisco questo post con quelle di Edmond Dantès “aspettare e sperare”.
E poi c’è lei, Penelope, che come ben sapete non ha fatto altro che aspettare il suo uomo per 20 anni piangendo tristemente nella sua camera tessendo. Mentre ulisse non c’era, fra l’altro brutto porcaccione se ne scopa tre (anche se Nausicaa non è ben chiaro se la penetra o no), lei è triste è sola con tutti proci che le invadono casa sperando di diventare nuovi re di Itaca e di affiancarsi alla bella penelope. Povera. Di lei da dire c’è ben poco, va solo esaltata la sua pazienza. Ma c’è questa particolarità in Omero, neanche tanto velata, scritta apposta per le donne. In poche parole quel saggio biricconcello che non era altro ci dice che se , come Elena, vai incontro all’amore e lo persegui a testa bassa senza farti fermare neanche da una guerra, patirai le pene dell’inferno (perché non pensate neanche per un secondo che suo marito gliel’abbia fatta passare liscia); se invece, come Penelope stai lì ad aspettarlo zitta e muta allora sarai felice. Un po’ come il “chi va piano va sano…” bla bla bla. Ora non c’è neanche da spiegarlo che il 99.9% delle donne moderne sono più Elena che Penelope, ma non solo per la questione “troie” ma perché siamo insofferenti e se una cosa non ci va bene, scappiamo invece di aspettare. Quindi forse è il caso di iniziare a tessere la tela e a disfarla quando un procio ci si avvicina. Avrei potuto esprimere sicuramente meglio questa mia teoria, infatti visto che forse mi piace più raccontare le parole altrui piuttosto che inventarne delle mie finisco questo post con quelle di Edmond Dantès “aspettare e sperare”.
P.S. non mi sono neanche soffermata sul personaggio di
Briseide che zitta zitta si innamora e fa innamorare di se un semidio quale
Achille. È lei il motivo per il quale lui torna a troia, è lei è tutta colpa
sua, se non fosse morto avrebbe potuto sparpagliare il suo seme e forse, dico
forse, oggi ci sarebbe discendenti di achille in giro. È lei la maledetta troia.
P.P.S. e fra l’altro
Omero ci prende ancora più per il culo, perché Briseide era sacerdotessa di
Apollo, quindi sposata con un dio, quindi ambiva ad un dio e improvvisamente
gli compare nella vita un semidio statuario (mi dispiace, ma anche se il film
era una merda non potrò mai più fare a meno di pensare a Brad Pitt nelle vesti
di Achille in Troy), della serie “se ti dedichi con attenzione a cià che vuoi,
forse potresti averlo” o anche “attenta a chi desideri”. No, Omero, questa
mossa non ci è piaciuta.
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