Visualizzazioni totali

venerdì 2 marzo 2012

ECCO RIMBAUD

nell'epoca in cui ci si chiede sempre mentre si guarda una donna con la mela in mano se quella mela sia voluta dalla sua fame o dalla voglia di assomigliare all'ispiratrice de "l'albachiara" , io oggi (attenzione perchè ho detto io) voglio introdurre il più grande poeta di tutti i tempi. e non me ne frega un cazzo di quello che state pensando che più o meno recita così "eh ma quanto sei retrò, non hai mai letto i libri di... o non hai pensato che forse x stava così solo perchè era..."no, vi ignorerò. e sebbene oggi sia stata vittima di una critica alquanto ovvia ma benevola riguardo alla mia punteggiatura-grammatica devo anche dire che la cosa bella di avere un blog è prorpio questa: l'importante è dirlo, la forma è irrilevante. nonostante penso che l'aspirazione alla forma perfetta sia la rovina della nostra società vorrei introdurre Arthur Rimbaud; primo fra tutti, sopra una spanna dal sommo Will vorrei precisare che decidere lui come grande poeta oltre ad essere diffcile è anche ovvio. siete nel 1800, avete sedicianni vostra madre vi obbliga a mungere mucche e voi vi sentite indegni, non perché le mucche non vi piacciono ma proprio perchè vi piacciono troppo. volete scappare, volete vedere cosa c'è oltre la collina francese, desolata, triste quasi vuota. siete i primi a scuola, gli altri alunni vi odiano perché siete strafottenti ma nonostante ciò i cocchi del maestro che vi pubblica cose, al 90% aa vostra insaputa. quando queste pubblicazione iniziano ad avere successo vi chiedere cosa voglia dire vivere. ed eccola lì la speranza che vomita nella vostra cosc(i)enza. andate a parigi, non ci sono macchine, no ci sono telecomandi, nè tasntomeno televisori, non c'è la domenica sportiva e l'università è alquanto elitaria. siete soli, con il vostro solo talento e scrivete ad un tale di nome Verlaine di cui vi innamorate e che vi accompagna nei salotti mentre vivete la vostra segreta, ma neanche tanto, vita amorosa. lui è sposato ed aspetta un figlio. sti cazzi pensate. bevete assenzio, fumate oppio, scureggaite, e non in senso metaforico, in faccia agli altri poeti che si esibiscono nei locali, siete oltremodo avvilenti, maleducati, strafottenti ma al contempo audaci. poi succede che lui viene denunciato dall amoglie per sodomia e voi soffrite morendo dentro. lo avete sempre trattato un pò male il vecchi verlaine che ha 12 anni più di voi, ma lo amavate, troppo orgorgliosi però per ammeterlo. emntre lui è in prigione scrivete la vostra opera migliore "la stagione d'inferno" che vi rende più o meno noti, che fa vergognare i mediocri per avervi cacciato dalle loro bettole, i poeti , anche loro mediocri, per avervi bisfrattato, le donne umiliate per esser state rifuitate non conoscendo la vostra omosessualità. una volta scritt ala vostra opera massima decidete di abbandonare quella vita : ancora assenzio e oppio per carità ma mai più, mai più scrivere. avete giurato di non farlo più, avete giurato a voi stessi che la belva dentro di voi non deve più essere alimentata. tornano le donna mentre l'amore della vostra vita è in galera per, e scusate la "letterazione", averla presa al culo da voi. smerciate armi in africa, avete il vostro banchetto con il quale vi fate un nome. voi cazzo siete arthur rimabaud, il poeta frocio conosciuto per la sua sregolatezza, eppure non c'è penna che tenga. vi vien eun tumore al ginocchio, spacciato e malcurato per cancrena e morite perchè si era diffuso troppo in fretta. morite a 37 anni, dopo 15 anni che non scrivevate più niente. ad oggi, con la vita di merda che si fa, con le speranze ridotte alla miseria ci si chiede se sia meglio partecipare al grande fratello o laurearsi. io sono diversa, e no per questo migliore, perchè dall amattina alla sera mi chiedo continuamente se anche solo per una persona verrò ricordata solo ed esclusivamente perchè scrivevo. quanto sarebbe bello? si pensi solo al fatto che chi conduceva una vita non diversa dalla nostra odierna (sebbene molto ma molto più degradante) diventò qualcuno nel 1800. e con una vena d'ebbrezza di co solo una cosa, citando proprio lui " io capisco, e siccome non mi so spiegare senza parole pagane, vorrei tacere"

Nessun commento:

Posta un commento