Correva il dicembre del 1596 quando William Shakespeare pose la parola fine alla tragedia che ogni adolescente moderno e passato conosce come Romeo e Giulietta. In quegli anni Will se ne andava in giro per la città di Londra e faceva ancora l’attore. Nonostante ultimi film e libri fanno di tutto per cercare di capire chi era Shakespeare e se fosse realmente esistito a noi ci piace immaginarcelo a cavarsela, ad evitare la peste e ad alzare sottana alle donne più giovani di lui. Come molti altri prima e dopo di lui , lo scrittore più abile e “schematico” del mondo e della storia raggiunse il successo solo dopo la sua prematura dipartita. Molti si chiedono che cosa di meglio avrebbe potuto scrivere, personalmente la nostra risposta la sappiamo già: niente. Essendo inquieto avrebbe solo cercato di migliorare le sue già scritte e pubblicate opere di per sé perfette. Questa critica che circola ultimamente sulla presunta invenzione di questo personaggio, dello scrittore che scrive di uno scrittore che scrive, questa specie di Ghost rider, questa fantomatica e inutilmente definita meta letteratura a noi non ci piace neanche un po’. William Shakespeare oltre ad essere realmente esistito, oltre a stimolare menti dal ‘600 in poi, oltre (e scusate la tautologia) ad aver scritto la migliori opere teatrali di sempre , era anche il miglior esempio di disadattato al mondo. Eccolo là nella sua stanzetta senza latrina con la camiciola bianca piena di inchiostro che cercava di trovare ispirazione dalla vita. Un quotidiano frequentatore di taverne, un beone e un oppiomane (o quel che era a quei tempi prima), uno pieni di debiti di gioco, uno spendaccione che regalava ninnoli in giro alle sue donne che disprezzava il concetto stesso di soldi, squattrinato invidioso del suo contemporaneo Marlow e non solo, perchè nonostante il suo aspetto non proprio da adone era anche uno strepitoso amante sessuale, tanto che lui le mignotte non solo non doveva pagarle ma doveva anche scansarle. Per le nobili era l’affascinante scrittore che toccava le loro cosce con ancora la calda impronta inchiostrata e per le popolane era colui che avrebbe sfondato, e non in senso fisico, la loro anima e nella vita. Ma perché fermarci allo scrittore, si intuisce l’animo di William anche dalle sue sacre scritture. Prenderemo ora come esempio solo ed esclusivamente Romeo&Giulietta perché molto probabilmente tutti la conoscono. Lo scrittore si siede e decide di articolare questa sua inizialmente commedia sull’amore di due adolescenti. Non sapendo ancora come continuare l’intelligente scrittore decide di iniziare la tragedia come nella vita: tutto in caciara, una rissa! Si capisce perfettamente l’astio (non specificando il motivo) che scorre fra queste due nobili famiglie di Verona i Capuleti ed i Montecchi. Romeo, essendo una trasposizione di una piccola parte della personalità di Shakespeare, è all’inizio della tragedia esausto d’amore per una certa Rosalina che non gli da soddisfazione né emotive né sessuali. Giulietta annoiata della vita già a 15 anni deve sposarsi con un tal Paride, perfettamente coincidente con il fratello del troiano Ettore. I due si incontrano , scoppia l’amore e poi per uno sbaglio di un prete non capiscono che in realtà entrambi sono vivi e si uccidono poiché le loro famiglie non avrebbero mai approvato il loro amore. Stop. Questa frase-trama è quello che la gente si ricorda di Rome&Giulietta. Sbagliato. E Shakespeare dov’è? Dove troviamo il vero protagonista della storia? L’amore? Macchè. Il vero protagonista della storia è Mercuzio, fra l’altro meravigliosamente interpretato da Micheal di Lost nel Romeo+Juliet Holliwoodiano con Leonardo di Caprio. Lo scrittore intrappola tutta la sua personalità in un personaggio apparentemente marginale, uno screanzato che vive per le bisbocce e le risse. Mercuzio , migliore amico di Romeo,non parla mai di donne né do oneri o doveri , è del tutto confinato in un mondo che il resto del popolo non comprende ma trova “simpatico”. Mercuzio è un leader è il personaggio principale poichè colui che non solo droga Romeo prima della festa dove incontra Giulietta (cosa che potrebbe far suppore ad uno stato non lucido nel momento topico di tutta la tragedia),ma che morendo augura la morte ad entrambe le famiglie che hanno causato la sua. Ed è proprio qui che lo scrittore decide di ribaltare la commedia in tragedia, proprio per mano di Mercuzio, a cui tanto era affezionato mentre ne scriveva che cade in una spirale di tristezza sconfinata immergendosi nella sofferenza per aver perso un personaggio per lui fondamentale. Quasi decide di ricominciare a scrivere per evitare di farlo morire, ma poi arriva l’ispirazione per cui la morte di Mercuzio non è altro che l’inizio di un processo in cui la commedia di un amore fra due giovani diventa la tragedia di Verona. Mercuzio muore per mano di Tebaldo, cugino di Giulietta, che avendo sgamato la tresca va a cercare Romeo dalla sua cricca e Mercuzio non avendo capito niente ed essendo estraneo all’amore, in assenza dell’amico Romeo prende le sue difese e con fare non velatamente istigatorio infima Tebaldo che essendo una testa calda accoglie l’atteggiamento del rivale come una manna dal cielo.
Bentivoglio : “Per la mia testa, arrivano i Capuleti”
Mercuzio : “per il mio tacco, lasciali venire”
Tebaldo : “ Mercuzio tu hai degli accordi con Romeo?”
Mercuzio : “per chi ci ha preso per menestrelli?”
Bentivoglio “no Mercuzio, qui ci vedono tutti!”
Mercuzio “hanno occhi per guardare, che guardino allora”
Potete immaginare il fremito che al nostro caro scrittore veniva stando seduto su quella sedia mentre scriveva questo stupendo per quanto semplice e poco articolato scambio? Con fatica, a nostro avviso, si è trattenuto sulla sedia senza impugnare il coltello come poi fa il caro Mercuzio, poco prima di esser vinto da Tebaldo. Romeo dopo di chè uccide Tebaldo e per ciò condannato all’esilio a Mantova dove va dopo aver tolto la propria e dell’amata verginità dalla lista di cose da fare. I presunti protagonisti di questa tragedia sono degli strumenti in mano allo scrittore per far parte al vero protagonista, Mercuzio, lui stesso lo scrittore. In ogni opera Shakespeariana si nasconde il drammaturgo : Mercuzio quando si sentiva più ribelle, Portia nel Mercante di Venezia quando voleva riscoprire l’intelligenza femminile (nel 600 altamente screditata nonostante , o forse appunto perché, la regina d’Inghilterra fosse appunto Donna), Orazio nell’Amleto quando voleva dar pace ai suoi pensieri con calma e saggezza, o sempre Polonio nella stessa opera quando voleva fare la parte del bravo padre, cosa che realmente non era. O ultimo ma non ultimo lo splendido Iago, il personaggio più complesso di tutta la sua vita letteraria insieme a Giovanna d’Arco , rispettivamente nell’Otello e nell’Enrico IV, che manifestano un’enorme sofferenza emotiva che si sfoga mettendo zizzagna, tramando complotti e mettendoli in pratica senza nessuna remora. Ma Mercuzio nella fattispecie rappresenta il desiderio recondito dello scrittore, colui ch’egli stesso vorrebbe essere, la figura migliore di sé, l’uomo pronto a tutto per l’onore ma anche e sempre pronto a desiderare di vivere e senza freni per essere felice. Il vero personaggio positivo che cede alla negatività e muore per mano di essa, per mano dell’odio. Adesso, nonostante questa prolissità , vorremmo guardare in faccia chi è realmente interessato alla REALE vita di Shakespeare, al perché lui dovrebbe essere REALMENTE esistito. Ma a chi importa? Omero è e sarà sempre esistito per il solo fatto di aver portato la gente a sentire i suoi racconti, così come William sarà esistito perché io noi voi e tutti hanno almeno una volta sentito una parte delle sue tragedie.
analisi grandiosa
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